ABITUDINI FANTASTICHE… E DOVE TROVARLE
Vivono in un regno sconfinato che tu conosci.
(Ti accompagno con questa colonnasonora. Leggi e ascolta. Il viaggio potrebbe essere migliore).
Il regno cerebrale è smisurato, sconfinato. Ci si perde ad attraversarlo tutto. Ma noi dobbiamo preoccuparci di esplorare solo le zone in cui razzolano le creature a noi affini, quelle che potrebbero accompagnarci tutta la vita accudendoci, curandoci. Certo che per capire quali sono, aiuterebbe essere bravi cacciatori, esperte guide, osservatori acuti.
La battuta è aperta a tutti, chi la pratica con le armi migliori e chi con quelle appena spuntate, chi ha già calpestato queste terre e chi ancora non si è sporcato nemmeno le scarpe, chi si muove con destrezza e chi inciampa ancora sulle proprie orme. Sei un principiante? Buttati nella mischia allora. I principianti imparano guardando gli altri avvicendarsi nella ricerca, costruendosi i propri strumenti, investendo sulle proprie forze. I principianti possono cominciare a capire quanto la battuta sia faticosa ma galvanizzante e appagante nel suo compimento. Chiunque può addentrarsi nelle proprie Terre Cerebrali e provare l’ebbrezza della scoperta, dell’esplorazione, della conquista.
Chi ha già esperienza ti dirà che le Creature saranno difficili da catturare una volta scovate, sarà una lotta impari, faticherai, ti affaccerai sull’orlo della rinuncia, le vedrai sfuggire all’orizzonte, ma nel lungo tempo della sfida sentirai la sfiducia tramutarsi in trepidazione, la trepidazione rinnovarsi in eccitazione, l’eccitazione sbocciare in consapevolezza. E lì, senza aver avuto un momento per accorgertene, avrai afferrato la tua fiera, la terrai forte tra le mani, potrai dominarla consapevolmente.
Io ho cacciato. Ho conquistato ma ho anche perso nuovamente. Alcune creature mi sono sfuggite, ho dovuto rincorrerle e riconquistarle. Sono vive, mai dormienti, hanno energie vitali inesauribili, è nella loro natura sgattaiolare, sgusciare, fuggire. Bisogna essere vigili, bisogna essere attenti, bisogna essere occhi aperti, bisogna essere sensi accesi, bisogna non perdere mai il controllo.
La conquista più ostica del mio regno? La “Meditazione”.
Una creatura enorme, gigantesca ma impalpabile. Difficile da catturare perché mentre provava ad avvicinarsi, curiosa di scoprire chi ero, scompariva se percepiva la mia indecisione. Si muoveva con lentezza perché quella era la sua essenza, la forza del suo essere, la tranquillità del passo cadenzato di chi vive il presente con lucidità e consapevolezza. La mia flemma invece era semplicemente ignavia, illuso che avrei potuto comodamente aspettare, che non c’era fretta, che prima o poi sarebbe arrivato il momento in cui mi sarei acceso per muovermi verso l’obbiettivo. Nel frattempo lei stava placidamente proseguendo nel suo incedere e mi avrebbe lasciato seduto su quella roccia scomoda chiamata pigrizia.
Prima di affrontarla quindi, dovevo tornare ad affilare le armi che non usavo da un po’.
Così decisi di riprendere in mano quello strumento che troppo spesso avevo lasciato arrugginire insieme agli altri: la Caparbietà. Caricata in spalla, m’incamminai alla ricerca della bestia. Una volta scovata camminare sui sentieri della mia indecisione, mi avvicinai silente ma deciso. Un contatto sottile, in punta di piedi, la mattina presto, prima dell’alba, osservandola silenzioso, senza muovere un dito, mentre allineavo il mio respiro al suo. Un approccio morbido, confortante per me e per lei. Due minuti di sguardi. Il giorno dopo ancora. E ancora il giorno seguente. Senza pause o tentennamenti. Piccoli contatti, piccoli respiri, piccoli segni di familiarità, di sostegno. Piccole confidenze. Così ho guadagnato il suo tempo e la sua fiducia. Qualche gentilezza ancora, qualche carezza buona. Sempre più tempo passato insieme. Dai primi minuti, nel giro di qualche tempo, ci guadagnammo le mezze ore. Il legame si fece più stretto, un filo era diventato una fune, la paura confidenza, il dubbio certezza .
Nei giorni a seguire, a causa dei miei singhiozzi, la “Meditazione” cercò di allontanarsi di nuovo, sembrava non volermi rimanere vicino. Così non inciampai nuovamente ma duplicai gli sforzi e mi feci più presente per non vederla fuggire. Decisi di concentrarmi, di starle accanto, di farmi forte e consapevole di ciò che volevo. Volevo Lei e il suo respiro vitale. Quando la mia determinazione divenne forza, la “Meditazione” trasformò i suoi sguardi di benevolenza in un abbraccio consolatorio e definitivo. Il legame diventò indissolubile, il nostro un rapporto di profondo scambio paritetico. Ora io respiro con lei e lei con me. Credi possa sfuggirmi? Non più.
Non voglio raccontarti sia semplice, ma questo può essere il giusto approccio per non spaventare né lei né te. Comprendo quanto fare il primo passo per mettersi in caccia assomigli molto al carcerato che vorrebbe mettere un piede davanti all’altro, ma la palla di ferro che lo incatena non glielo permette. Quindi hai due scelte: tagliare di netto la catena o prendere la palla tra le mani ed incamminarti.
Ti accorgerai che la partenza è già conquista e una volta sul sentiero, sarà più facile incontrare la creatura che cerchi.
Con gentilezza e perseveranza potrai abbracciarla e, accarezzandola, comincerai ad allineare i tuoi passi ai suoi, in uno splendido unisono vitale.
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